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Consiglio di Stato: i medici di famiglia possono visitare i malati di Covid

Medicina Generale Redazione DottNet | 18/12/2020 21:00

Vinto l'appello della Regione Lazio che di fatto annulla la disposizione del Tar che invece vietava tali visite domiciliari

Le visite domiciliari dei medici di medicina generale ai pazienti Covid in quarantena domiciliare sono ora consentite. Il via libera arriva dal Consiglio di Stato, che ha accolto l'appello della Regione Lazio contro la sentenza del Tar che aveva ritenuto sussistente, sulla base dell'art. 4 bis del D.L. n. 18/2020, il divieto per i medici di medicina generale di fare questo tipo di visite. La sentenza è stata pubblicata ieri (n. 8943/2020, clicca qui per scaricare il testo completo): la Terza Sezione del Consiglio di Stato, in accoglimento dell'appello della Regione Lazio, ha riformato la sentenza del Tar Lazio, n. 11991/2020, che aveva invece ritenuto sussistente, sulla base dell'art. 4 bis del D.L. n. 18/2020, il divieto per i medici di medicina generale di effettuare visite domiciliari ai pazienti Covid in quarantena domiciliare. La Sezione ha chiarito che «il senso della disposizione emergenziale in commento» non è quello di esonerare i medici di medicina generale, ma è solo "quello di alleggerire i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e i medici di continuità assistenziale, dal 'caricò derivante dall'esplosione pandemica, affiancando loro una struttura capace di intervenire a domicilio del paziente". Le Uscar, previste dall'art. 4 bis del D.L. n. 18/2020, sono quindi destinate ad operare in sinergia e nel rispetto delle competenze e prerogative dei medici di medicina generale e degli altri medici indicati, i quali, in scienza e coscienza e nel rispetto dei protocolli di sicurezza, possono continuare ad effettuare visite domiciliari, anche se il paziente è affetto da Covid-19.

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Inoltre per i giudici di Palazzo Spada “tali compiti sarebbero confermati dal recente accordo Nazionale Collettivo che attribuisce ai medici di medicina generale ed ai pediatri di libera scelta, un ruolo proattivo nel rafforzamento delle attività territoriali di diagnostica di primo livello e di prevenzione nella trasmissione della Sars-Cov 2”.
 
Per questo “nessuna “distrazione” dai propri compiti di istituto vi sarebbe, posto che la visita domiciliare del proprio assistito costituisce parte integrante dei compiti del medico di medicina generale, in ispecie nell’attuale fase epidemiologica in cui l’elevatissimo numero di contagi richiede sinergia degli interventi e pluralità di risorse mediche, non affrontabili con le pur numerose USCAR istituite (il Lazio ne ha istituite 150 di unità, impiegando 1100 unità di personale tra medici e infermieri, eppure – secondo il report dell’appellante – sono ben poca cosa dinanzi ai 65.000 malati Covid nella regione Lazio, ai quali si chiede di stare a casa, senza cure, al fine di non intasare le strutture ospedaliere)”
 
“Esaminata la norma con le giuste lenti – chiarisce la sentenza -, e sgomberato il campo dalle suggestioni scaturenti dagli erronei postulati sopra esaminati, appare chiaro che il senso della disposizione emergenziale in commento sia quello di alleggerire i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e i medici di continuità assistenziale, dal “carico” derivante dall’esplosione pandemica, affiancando loro una struttura capace di intervenire a domicilio del paziente, a richiesta dei primi, ove questi, attanagliati da un fase di così diffusa morbilità e astretti dalle intuibili limitazioni temporali e fisiche, o anche legate all’indisponibilità temporanea di presidi efficaci, non possano recarsi al domicilio del paziente, o ritengano, in scienza e coscienza, nell’ambito della propria autonoma e libera valutazione medica, che sia necessaria o preferibile l’intervento della struttura di supporto. Nessuna deroga ai LEA, quindi, ma garanzia della loro effettività attraverso un supporto straordinario e temporaneo – gli USCAR - destinato ad operare in sinergia e nel rispetto delle competenze e prerogative dei medici di medicina generale e degli altri medici indicati”.
 
E infine: “Trarre dalle disposizioni in commento – scrive il Consiglio di Stato - , un vero e proprio divieto per i medici di medicina generale di recarsi a domicilio per assistere i propri pazienti alle prese con il virus, come sostenuto in prime cure, costituirebbe, per converso, un grave errore esegetico, suscettibile di depotenziare la risposta del sistema sanitario alla pandemia e di provocare ulteriore e intollerabile disagio ai pazienti, che già affetti da patologie croniche, si vedrebbero (e si sono invero spesso visti), una volta colpiti dal virus, proiettati in una dimensione di incertezza e paura, e finanche abbandonati dal medico che li ha sempre seguiti”.
 

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